martedì 14 aprile 2015

Io credo

Sarebbe inutile avere un Credo, se ciascuno di noi non cercasse di tradurlo in ricchezza di vita quotidiana. La verità è necessaria, ma senza il nostro impegno essa rimane sterile, non diventa nostra; e per diventare nostra, essa deve essere tradotta in vita spirituale secondo l'intelligenza, 
il coraggio e le possibilità di ciascuno. E' questo il mistero della risposta individuale alla verità e alla fede. Il Signore non vuole da tutti la stessa misura, ma tiene conto delle nostre possibilità e dei nostri sforzi. Lo diceva già san Paolo: « Quando ero bambino, pensavo e credevo da bambino; 
ora che sono uomo, penso e credo da uomo ». Non si può pretendere che un bambino abbia la fede e la cultura religiosa di un uomo maturo, come non si può pretendere che una persona conosca tutte le sottigliezze di un teologo. Quello che si richiede è che ciascuno di noi cresca nella fede 
secondo la propria età, la propria posizione e responsabilità. Come in tutti gli altri campi della attività  umane, anche nella fede ci deve essere una crescita, cioè una consapevolezza e un impegno che corrispondano ai diversi momenti della nostra vita. Il bambino crederà da bambino, cioè nel modo ingenuo e spontaneo dell'infanzia, quando i contorni, pieni di fascino e di colore, sono più importanti del ragionamento; l'adolescente avrà una fede fatta di entusiasmi e di problemi sempre nuovi, come pieno di fervore e di cadute è questo momento burrascoso della vita; l'adulto dovrebbe avere una fede ferma che non si accontenta di essere un'adesione esteriore, ma si accompagna a una cultura religiosa sempre ampia che la illumina e la sorregge. L'adulto, insomma, pur nelle diverse sfumature individuali, dovrebbe almeno sapere cosa crede e perché crede. Quando questa consapevolezza manca, si ha una ignoranza religiosa che fa paura e spavento, soprattutto oggi: troppe persone oggi, che, sul piano della vita giornaliera può dirsi 
preparata e matura, e sul piano della fede è rimasta ancora all'infanzia, con in più i pregiudizi e le storture che tolgono alla pratica religiosa gran parte della sua sincerità e della sua efficacia. Basta sentirli parlare per avere l'impressione di persone limitate e mancanti proprio nell'aspetto della vita che, a lungo andare, è quello che ha più peso nella conquista della piena maturità umana. E' questa la lacuna della nostra epoca, per tanti aspetti così progredita e illuminata. C'è una spaventosa indifferenza religiosa che falsa i valori più belli della vita e riduce la stessa pratica religiosa a una esteriorità che si trasforma in colpevole assenteismo spirituale.
Quanti di noi potrebbero dire di conoscere bene il Vangelo o di aver sfogliato un libro di teologia, o almeno di seria informazione religiosa? Pochissimi, forse, mentre la grande maggioranza non saprebbe neppure spiegare le semplici domande e risposte del catechismo che imparammo da bambini. 
Noi cresciamo negli anni, nel rapporto sociale, ma religiosamente siamo spesso come bambini rimasti ancora immaturi, atrofizzati proprio nel settore dal quale dipende il significato della vera maturità umana.

Da  ( noi amaria-google+)
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