il cristiano non dorme ----- necessità della fede cap.1------ cap 2--- cap 3 ----cap 4----cap 5

l'amore di Dio e la vita
Chi legge il Vangelo soltanto superficialmente,
fermandosi alla bellezza esteriore delle parabole o
alla incantata bellezza di certe frasi, può ricavar-
ne l'impressione di essere di fronte a una conce-
zione della vita facile da mettere in pratica, como-
da per conciliare senza troppa severità tutte le no-
stre mezze misure, per nulla esigente nel reclama-
re dall'uomo i diritti dello spirito e quelli di Dio.
Il Vangelo e anche questo, cioè misericordia,
indulgenza, riscatto di ogni nostro atto di buona
volontà, ma al tempo stesso è una concezione del-
la vita estremamente severa, esigente, senza com-
promessi o mezze misure. Il Signore esige da noi
dolcemente, amorosamente, ma con la categorica
semplicità dell”amore. Fissata la costruttiva bellez-
za della legge, egli vuole una coerenza che dalla
superficie scende subito nell'intimo, a contare tutti
gli spiccioli, anche nel segreto della intenzione e
del pensiero. Il Signore parte dall'idea che vita
esteriore e vita interiore sono una sola cosa inscin-
dibile e che, quando un uomo agisce veramente
da uomo egli non può avere due volti, non può
essere fuori di un colore e dentro di un altro, non
può avere una bocca che loda e un`altra che biasi-
ma. Sul piano sociale esteriore noi siamo, di soli-
to, pieni di contraddizioni e di compromessi per-
ché ci e facile mostrarci per quello che non siamo,
dire una cosa e pensarne un'altra, giurare di ama-
re ed essere incapaci di farlo; ma con Dio che
scruta nel cuore non ci può essere che una sola leg-
ge la quale investe tutto il nostro essere; le paro-
le e il segreto dal quale esse nascono, la preghie-
ra e il cuore che la sillaba, il gesto e l'intenzione
che lo muove.

Ma chi mi ama, osserva la mia parola ››. Di
fronte a questa chiarezza, ogni camuffamento an-
che devoto diventa un torto, ha il sapore di un
sostanziale tradimento. A un certo momento non
si può più dire: io amo Dio perché lo prego la
mattina e la sera; lo amo perché mi confesso a Pa-
squa e ho il crocifisso sopra la spalliera del mio let-
to; amo Dio perché conosco bene la mia chiesa
accendo un cero,  oppure lascio cadere la mia
offerta nel piattino della domenica.

Tutte queste sono manifestazioni, belle quanto
si vuole, ma incomplete, dell'amore di Dio, mi-
sura insufliciente di quanto il Signore ci chiede.
Amare significa soprattutto diventare simili al-
la persona amata, e nel caso di Dio, cercare di far
coincidere la nostra volontà e il nostro essere ver-
so un vertice di responsabilità e di chiarezza. Se
amare una creatura esige una continua e difficile
opera di assestamento, di pazienza, di rinuncia, a-
mare Dio è un fatto enorme che richiede da noi
un impegno che dovrebbe investire e trasformare
tutta la nostra vita. Fanno pensare quelli che con-
siderano l'amore di Dio come un anestetico per
addormentare i deboli, quelli che ignorano, i romantici
in un labirinto di facili evasioni. No! Amare Dio
significa impegnarsi, lottare pazientemente ogni
giorno per diventare simili a lui. Amarlo male
può essere relativamente facile, ma amarlo sul se-
rio, misurare il nostro amore sul suo significa in-
seguire una misura che in qualche modo ci sfuggi-
rà sempre. Amarlo per un attimo può essere faci-
le e bello, ma amarlo sempre, subordinare ogni
nostro gesto a quella misura, cercare di corregge-
re in noi cio' che è sbagliato, rinunciare a qualcosa
che costa, e' questa l'unica strada dell`amore di
Dio che diventa anche misura dell*amore del-
l`uomo.

Tuttavia vi sono due aspetti che non bisogna
mai dimenticare quando « cerchiamo ›› Dio. Il pri-
mo è che amare Dio non significa chiudere gli oc-
chi alla vita, rinnegare i nostri sentimenti più bel-
li. Un cristiano che, per un pretesto esclusivo
d`amor di Dio, trascurasse i sentimenti che lo le-
gano agli altri chiudendosi in un egoismo che sfug-
ge alle responsabilità della nostra vita quotidiana,
sarebbe un pessimo cristiano. Amando il Signore
noi non rinunciamo a nulla, anzi potenziamo tut-
to, dando una lettera maiuscola, una risonanza
eterna anche alle nostre piccole cose di ogni gior-
no. L`amore di Dio passa attraverso il nostro amo-
re per la mamma, per il padre, per il marito, per
i figli, per la casa, per la scuola, per il nostro im-
pegno sociale, per il nostro lavoro.
L`amore di Dio può e deve investire tutto, la
lezione che stiamo ascoltando, il lavoro oscuro del-
le faccende quotidiane, la gioia di tenere tra le
braccia un bambino, il dovere che pesa, il riposo
che ristora.

Il cristiano che ama Dio è una creatura che
può scrivere tutto con la lettera maiuscola: anche
le cose più umili, anche i gesti più insignificanti,
anche i sentimenti più naturali. Il cristiano che
ama non è mai un rinunciatario, bensì uno che
cerca il meglio nella giusta direzione di tutte le
cose.
Questo, infatti, è certo: anche le cose più atte-
se, dopo un po' finiscono per diventare abitua-
li, già consumate nell'attimo stesso che le inse-
guiamo, mentre l'amore di Dio, la risposta alla
sua legge, è una gioia che diventa equilibrio, ma-
turità, dilagante pienezza.


Necessità della Fede --- capit. 1

Dopo aver esposto correttamente la natura della
Fede, il suo oggetto e il motivo su cui si fonda, 
ora ci si affaccia alla mente una doppia questione.
Questa Fede ci è proprio necessaria? In quale
misura?
Quale obbligo ci stringe di professarla, non solo
nel nostro interno davanti a Dio, ma anche nel nostro
esterno, davanti agli uomini?
Ed ecco precisamente i due argomenti, della mas-
sima praticità e del più vivo interesse, che oggi 
dovremo affrontare: 
LA Necessita' DELLA FEDE,
La volonta'di PROFESSARLA.
LA NECESSITA' VERA DELLA FEDE.
La Fede è tanto necessaria, che senza di essa nes-
suno si può salvare.
Possiamo noi infatti salvarci senza piacere a Dio?
No. Dunque non possiamo salvarci senza la Fede. L'apo-
stolo,protestando apertamente disse che senza di essa non
si può piacere a Dio: Senza fede impossibile e' piacere
a Dio (Ebr. XI, 6). Essa è il primo culto che Dio esige da
noi, il primo passo per andare a Lui: Credere per
accedere a Dio : per cui il S. Concilio di
Trento afferma senz°altro che in essa sta << il principio,
il fondamento e la radice della nostra giustificazione >>:
E la ragione di questa necessità sta nel fatto
che dalla fede dipende in massima parte il valore e
l'eƒƒicacia delle opere buone.
Non si danno nè si possono dare opere veramente
buone e meritorie di vita eterna se non sono accompa-
gnate dalla Fede o non germogliano da questa radice.
Come una moneta _ il paragone è_ di S. Giovanni Gri-
sostomo -- che non porta l'immagine del principe, seb-
bene preziosa in se stessa, così ogni opera più bella 
e' più buona, se non è segnata, con l°impronta della 
Fede.
Sicchè l'uomo che non ha la Fede è morto davanti a
Dio, è fuori dal regno dei cieli. Egli può fare quan-
to bene vuole, può praticare quanto vi è di più santo
e perfetto; è come chi innalza un edificio sulla sabbia.
Non ci sono anche dei pagani, che danno dei punti a 
molti cattolici in fatto di onestà, di giustizia, 
di temperanza, di carità e di altre virtù? 
Ma che cosa giovano ad essi queste opere buone
fatte senza Fede? Non diciamo già che diventino cat-
tive, come insegnano alcuni, o affatto inutili. Giove-
ranno loro nel senso che Dio, giustissimo, le premierà
qui sulla terra. Ma non giovano niente per la vita eter-
na, perchè prive di quella bontà soprannaturale che le
fa accette a Dio e feconde di meriti pel Paradiso.
E' dalla Fede che comincia ogni merito e ogni virtù
davanti a Dio: motivo per cui Gesù stesso nel suo Van-
gelo dice apertamente: << Chi avrà la Fede e il Batte-
simo si salverà, e chi non avrà la Fede sarà condan-
nato.


capitolo 2
 Vedete dunque quanta sia la necessità di que-
sta virtù, e di conseguenza quanto dobbiamo noi essere
grati al Signore che ci elargì, per pura sua bontà, un
grande dono e ci fece degni di un inestimabile tesoro.
Ma vedete, al tempo stesso quanta è
la nostra premura di conservare questa Fede, sana ed
intatta nel nostro cuore.
In questi tempi specialmente in cui regna l'indif-
ferenza e l'incredulità; in cui tanti fanno pompa
della più sfrenata miscredenza, mettendo in ridicolo i
Misteri e la verità della religione, beifeggiando i cre-
denti e qualificando tutto di fanatismo e superstizione;
in cui una propaganda diabolica fatta con tutti i mezzi
dalle sette anticristiane si sforza di -spiantare dalle ani-
me ogni principio soprannaturale di fede; in cui anche
tra i cristiani praticanti s'incontra una fede così lan-
guida, fiacca, mancante, che in molte circostanze offro-
no spettacolo della più strana e goffa contraddizione,
mescolando insieme con la massima disinvoltura, orazioni
o bestemmie, Messe e cose altrui, Sacramenti e immora-
lità, pie offerte e -spropositi contro Dio, la Madonna, la
Provvidenza: in questi tempi, dico, è necessario più
che mai stare in guardia, non lasciarsi tirare dalla cor-
rente, non deviare dalla strada diritta per seguire i de-
lirii  del mondo, stare insomma più che mai saldi
nelle proprie convinzioni cristiane come << torre che non
crolla al soffiar di venti! >>.
Pensiamo che trattandosi di Fede si tratta di fon-
damento e di radice. Se il fondamento cede, tutta la
fabbrica crolla. Se la radice è guasta, tutta la pianta
intristisce e muore.
Ecco perchè lo -stesso S. Paolo ci stimola ad esa-
minarci bene su questo punto, a guardare bene il nostro
interno, per conoscere di che fibra è in noi questa virtù
fondamentale: Altrimenti avremmo preghiere, carità, mor-
tificazioni, sacramenti, adempimenti dei nostri doveri,
tutto quel che volete, ma non avremo che una vernice
di cristianesimo: davanti a Dio ci troveremo a mani
vuote, privi d”ogni merito, spogli di ogni bene,destituiti
di ciò che forma l'elemento essenziale di nostra fede.

Conservare nel cuore la Fede però non basta per
salvarsi: bisogna di più professarla, sia davanti a Dio
con atti espressi e positivi, sia davanti agli uomini, 
con le parole e con le opere.
 Non credo dover insistere molto sul dovere di
professare davanti a Dio la nostra Fede con atti positivi.
E' certo, che la legge divina ci impone di fare di
tempo in tempo degli atti positivi di fede: lo esige l'os-
sequio da noi dovuto al Signore, come l”ossequio dovuto
al re esige non solo che i sudditi si mantengano abi-
tualmente a lui fedeli, ma anche che in qualche circo-
stanza gli prestino giuramento di fedeltà.
Quando per esempio l'uomo, uscito dall'infanzia, comincia
ad aver l'uso della ragione e conoscere i misteri e le
verità della Fede, è bene doveroso che i suoi primi passi
ed affetti si rivolgano a Dio, suo primo principio ed
ultimo fine: ma questo non può essere senza la Fede
attuale. Quando ci troviamo tentati contro la Fede;
quando siamo conscii di aver negato volontariamente
o dubitato di qualche verità di Fede; quando urge l'os-
servanza di qualche precetto che non si può osservare
senza un atto positivo di Fede: ecco altrettanti casi in
cui siamo obbligati, direttamente od indirettamente, a
fare atti positivi di Fede.
 Quello tuttavia che mi preme è farvi notare il
dovere, e grave dovere, che il cristiano ha di profes-
sare, cioè di manifestare la sua Fede anche in faccia
al mondo, sia con le parole che con le opere.
Di tale manifestazione noi siamo debitori a Dio
e agli uomini. A Dio anzitutto, perchè l'ossequio a Lui
dovuto deve essere non soltanto un ossequio interno,
ma anche esterno. dal momento che dipendiamo da Lui
tanto nel corpo che nell”anima. Agli uomini poi, per-
chè, vivendo in società, dobbiamo edificarci l°un l'altro
col buon esempio, ed unirci nella stessa Fede e in un
solo corpo di religione, ciò che non è possibile senza
l'aiuto di manifestazioni alla fede.
Ma qui purtroppo quanto ci manca in mezzo ai
cristiani! Fedeli- di fede interna, di persuasione intima,
se ne trovano facilmente: ma fedeli di pratica e di pro-
fessione, che senza paura si mostrino quello che sono, 
con le parole e coi fatti, quanto -sono rari! Quanti hanno
timore di manifestarsi credenti; si vuole essere cristiani,
ma non apparire; si vuole essere discepoli di Gesù Cri-
sto, ma nell'ombra, apertamente si fa bell'occhio al
mondo... Cosa assurda e impossibile!
_Ed è purtroppo la grande piaga del nostro tempo!
Riflettiamo che professare apertamente e franca-
mente la propria Fede non è già un semplice consiglio,
ma un vero e grave precetto; tanto grave, che Gesù
Cristo nel Vangelo minaccia in termini categorici l°eter-
na riprovazione a chi non l°avrà osservato: << Se qualcu-
no mi avrà negato davanti agli uomini io lo rinnegherò
davanti al Padre mio che sta nei cieli» (Matt. X, 33).
Ci voleva di più per metterci sott°occhio tutta la
gravità di un tale dovere?
 Ma per chiarirlo meglio, analizziamo un poco
il contenuto di questo precetto.
Esso, come qualunque altro, è doppio: positivo e
negativo. Abbraccia cioè due cose: una proibizione e
un comando. La proibizione è di non fare o dire mai
cosa che ridondi in negazione della fede: il comando in-
vece è di palesarla positivamente coi nostri discorsi e
con la nostra condotta.

capitolo 3

La parte negativa ci obbliga sempre e in qualunque
istante, perchè non è mai lecito rinnegare la Fede an-
che solo esternamente. La parte positiva invece ci ob-
bliga solo in certe circostanze.
Scendiamo al concreto.
 Si può rinnegare la Fede in diverse maniere.
Si rinnega la Fede abiurandola esternamente. _
Ciò avviene quando per superbia, per es., si parla
male della Fede, si buttano là principi i e massime anti-
religiose, si fa capire agli altri di non credere le ve-
rità cristiane con certe frasi che spuntano sul labbro:
<< Che Dio? che inferno`?... tutte fiabe?... a questo mon-
do bisogna godersela ›>, ecc., quando si deridono le cose
sacre, si beffeggiano le persone di pietà, si parla con
sarcasmo e disprezzo delle persone sacre, e via dicendo.
In tutti questi casi, sebbene non lo si faccia con convin-
zione interna, si rinnega la fede con le parole e si pecca.
Non parliamo poi della rinnegazione di fatto, che pra-
ticano quelli che si gettano in braccio sfrontatamente
al vizio. Questi ancora di più << negano col fatto >>, dice
l°Apostolo (Tit. I, 6); perchè, varcato un certo limite,
il peccato non è più una fragilità, ma diventa una vera
apostasia dalla fede.
Si rinnega la Fede in secondo luogo fingendone
un°altra. _ E” chiaro che non si può fingere una fede
diversa da quella che si professa senza rigettare la pro-
pria. E ciò sarebbe, ad esempio, se adottassimo in pra-
tica i riti, le azioni, le cerimonie proprie di altre reli-
gioni diverse dalla nostra; come facevano quei primi
cristiani che al tempo delle persecuzioni, per evitare la
morte, bruciavano incenso agli idoli del paganesimo,
sebbene internamente li abborrissero e credessero al
vero Dio. La Chiesa considerò sempre questi cristiani
come apostati e disertori dalla Fede. - »
Si rinnega la Fede infine occultandola -più o meno
artificiosamente. -- Ci sono delle ,circostanze in cui il
non dichiararsi in favore della Fede vuol dire dichia-
rarsi contro e il tacere equivale ad approvare l°errore.
Si sentono per es. delle proposizioni empie, ereticali,
ingiuriose alla Fede, e 'si tace: questo-è l'approvare, a
meno che non si mostri col contegno il contrario, ed è
peccato. Come pure è peccato contro la -professione del-
la Fede il non dar mai nessun segno di religione, il non
farsi mai vedere a praticare ,alcun atto di Pietà, in
modo da ingenerare negli altri il sospetto che non si ab.-
bia alcuna fede. 
 Tanto più che -- come accennavo_ sopra -
questo precetto non solo ci vieta di rinnegare la Fede,
ma di più ci comanda di maniƒestarla positivamente sia
colle parole che coi fatti.
E quando siamo obbligati gravemente a manife-
starla colle parole?
Specialmente in due casi: quando come fossimo inter-
rogati su di essa da chi rappresenta una legittima au-
torità, e ogni qual volta lo esige la gloria di Dio e il
bene del prossimo.
Il primo caso succedeva spesso al tempo delle per-
secuzioni, quando i cristiani erano condotti davanti ai
tribunali e interrogati intorno alla loro fede dai magi-
strati pagani. Oggi, grazie a Dio, ciò non avviene, al-
meno tra noi; se però avvenisse, si ha il dovere preciso
di palesare la propria fede, anche a costo della vita.
Il secondo caso invece è assai frequente, e, vorrei
dire, giornaliero. Oggi non ci sono più i tiranni di una
volta; ci sono però i derisoni, i beffeggiatori, gli impu-
gnatori delle verità cristiane. Ebbene: contro questi
dobbiamo palesarei e parlare con santa libertà, quando
lo si possa fare utilmente, come in realtà lo si può in
molte circostanze. Che se per debolezza., per rispetto
umano, per paura cioè di esser derisi e criticati chiudia-
mo la bocca, ci facciamo rei di una pratica apostasia
dalla Fede, facendo sospettare di non aver religione e
confermando sempre più gli altri nella loro empietà.
Ma se qualche volta soltanto siamo obbligati a ma-
nifestare la nostra Fede colle parole, assai più spesso,
anzi sempre, dobbiamo manifestarla coi fatti. E come?
Conducendo una vita in conformità ai scritti della
fede stessa; sicchè tutti, nell'osservare i, nostri costumi,
ci possano riconoscere per veri seguaci della religione
che professiamo.
Ecco qui il massimo dei nostri doveri e il com-
pendio di tutti gli altri.
Se condurremo una vita buona, onesta, cristiana,
questa sarà la più bella conferma dei nostri principi ed
anche il più bell'elogio che potremo fare alla nostra
Fede, perchè quelli che ci vedono apprenderanno a sti-
marla ed amarla. Ma se la nostra vita sarà in antago-
nismo con la morale santa del Vangelo, faremo disonore
al nostro carattere, avviliremo la nostra dignità e sa-
remo causa che i nemici della religione se la prendano
sempre più, e gli altri siano trascinati a se-
guire il nostro esempio.
Perchè credete che il mondo oggi sia, come è, una
causa di errori, una montagna di vizi e vada di giorno
in giorno sempre peggio? Perchè troppo evidente è nei
cristiani stessi il contrasto tra la fede e le opere; per-
chè troppo è generalizzato e domina il mal”esempio e
lo scandalo. Ecco il torto enorme che fanno alla Fede
i poco cristiani, e' quindi la necessità di vivere in modo
che gli altri vedano lo splendore delle nostre buone ope-
re:glorificare Dio per entrare nella gloria dei cieli.



capitolo 4
l BENEFICI  DELLA FEDE.
Chi li potrebbe valutare? Possiamo comprenderli
in queste tre frasi: la Fede è luce alla nostra mente,
è conforto al nostro cuore, è mezzo per ottenere da Dio
ogni grazia.
 La Fede è luce alla nostra mente.
L'uomo è fatto per la verità. La sua intelligenza
sente il bisogno della verità come il corpo sente il bi-
sogno del pane che lo nutre, dell°aria che respira. Ma
quante tenebre invece la nascondono al nostro spirito!
Anche gli ingegni più sottili, che consacrano tutta la
vita-alla ricerca della verità, dopo lunghe speculazioni
e profondi studi non giunsero a trovare che poche ve-
rità di ordine puramente naturale, che cosa dire delle
verità di ordine soprannaturale, delle verità cioè che
riguardano Dio, la nostra anima, la nostra origine, il no-
stro destino, i mezzi per giungere al benessere? Ma se Dio
stesso non ci avesse rivelato questo tesoro di verità, se
Egli non ci avesse aperto davanti tutto questo mondo
soprannaturale, parlandoci, come si esprime S. Paolo,
per mezzo dei patriarchi, dei profeti e ultimamente del
suo Figlio stesso Gesù Cristo; noi avremmo sempre na-
vigato fra le tenebre più fitte dell°ignoranza, come gli
antichi pagani, e mai avremmo raggiunto la luce della
verità.
Ora, chi ci fa conoscere tutta questa divina rive-
lazione? La Fede.

La Fede è come lo specchio che riverbera nella
nostra mente tutte le verità soprannaturali che Dio ha
rivelate al mondo, -sicchè per mezzo suo noi siamo certi
di tali verità` come se le avessimo sentite direttamente
da Dio. E' la fiaccola che Dio ha posto tra le mani del-
l'uomo, perchè gli sia di guida a conoscere la via del
Cielo. E' - per usare un paragone - alla nostra ra-
gione ciò che è il vivere, al nostro pensiero.
Avete mai osservato? In una notte serena, se alzate
gli occhi al cielo vedete un'infinità di stelle; 
ma se osservate bene, ne scoprite un numero immen-
-samente più grande e vi si mettono innanzi infinite altre
meraviglie. Così il nostro spirito da sè poco o nulla sco-
pre dei grandi problemi della vita: la Fede è un punto
fermo che ci rivela il mondo soprannaturale, dove ogni
problema trova la sua ragionevole soluzione.
Senza la Fede l°uomo, sarebbe a se medesimo un
abisso impenetrabile. Si vedrebbe circondato di miserie,
senza poterne conoscere la sorgente; proverebbe tutta
l'angoscia della lotta che si combatte in lui tra il bene
e il male, senza poterne scoprire l'origine; sentirebbe
in sè un vuoto terribile che non bastano a colmare tutte'
le creature, senza conoscere l'oggetto che può appagarne,
sarebbe affranto dall'idea della morte e torturato 
dal pensiero dell°avvenire, senza percepire il de-
stino che l'attende. E' la Fede che rischiara il nostro
spirito, che dissipa le tenebre dell°errore, che ci spiega
il mistero di questa natura viziata e incline al male, ci
racconta il nostro passato e ci rassicura sul nostro
avvenire!
Date un'occhiata a quelle nazioni infelici, su cui
non brilla l”astro divino della Fede. In esse gli errori
più mostruosi, i riti più crudeli, l'ignoranza più gros-
solana, la barbarie più selvaggia. Prive della luce della
Fede, sono prive anche della luce della civiltà; mentre,
se le nazioni cristiane godono anche il primato della
civiltà, lo devono alla fiaccola divina, il dono inestima-
bile della Fede.

capitolo 5
 La Fede  
 E' il più conforto supremo al nostro cuore.
Nessuno ignora che qui sulla terra, nostro retaggio
comune è il dolore. Tutte le età e condizioni della vita
umana hanno i loro affanni.
Il dolore -- possiamo dire -_ è, come
la morte, una delle leggi universali che gravano su tutti
i poveri figli di Adamo.
Ma saremo dunque destinati a trascinare sempre
questa vita tra affanni e dolori senza mai alcun con-
forto? Non avrà Iddio lasciato cadere sulla terra nes-
suna stilla di balsamo per tante piaghe e miserie?
E dove trovarla?
Nella scienza?... Ma la scienza non ha che parole
sonanti, sterili e vane! Nel mondo?... Ma il mondo
può stordirci un momento con le sue gioie fallaci, e poi
lascia il vuoto, la desolazione dell”anima!
La Fede, solo la Fede ha saputo dare un significato
al dolore, o meglio ha saputo spiegarne il mistero, mo-
strandoci in esso la via che deve condurci all”eterna
felicità; ed in tal modo l°ha trasfigurato, quasi divi-
nizzato, fino a chiamare beati coloro che soffrono e
piangono!
E chi non sa quale conforto ci viene dalla Croce
di Cristo che essa ci presenta, e dallo stesso Figlio di
Dio trafitto per nostro amore?...
Davvero non si potrebbe escogitare rimedio più po-
tente per sollevare le umane miserie e infondere ras-
segnazione nei poveri, nei tribolati, nei perseguitati e
in tutti coloro che soffrono sulla terra, quanto la Fede
di Cristo!

La Fede 
è mezzo potentissimo per ottenere da Dio ogni grazia.
E qui basterà ricordare la testimonianza di Gesù
Cristo, il quale ha detto chiaro, e non una sola volta,
che a colui che crede tutto è possibile, anche 
il trasporto di una montagna: 
E tutta la Scrittura, tanto dell'Antico che del Nuo-
vo Testamento, è ripiena di fatti che lo confermano.

Guardate.
Le acque del Mar Rosso si separano in modo da
formare due muraglie e lasciare asciutto il fondo per il
passaggio del popolo ebreo che fuggiva dalla schiavitù
d”Egitto. Chi operò quel miracolo? S. Paolo risponde:
la Fede! (Ebr. XI, 29).
Le mura di Gerico caddero al suono delle trombe
del popolo d°Israele. Chi le atterrò? S. Paolo risponde:
la Fede!(Ebr. XI, 30).
Mosè operò tanti prodigi che lo resero il più gran-
de dei profeti e dei taumaturghi. Con quale mezzo di-
ventò tale. E' sempre S. Paolo che lo attesta: colla
Fede! (Ebr. XI, 24)..
Nel Vangelo si parla di morti risuscitati, di ciechi,
di muti, di sordi, di paralitici, di indemoniati, di altri
infermi guariti prodigiosamente da Gesù Cristo. Perchè
Gesù Cristo operò tutti questi miracoli? Quale era il
movente di tante meraviglie? Sempre la fede di chi fa-
ceva a Lui ricorso! (Matt. IX, 2; Marc. X, 52).
Ancora. Con quale mezzo S. Pietro fece camminare
il paralitico che stava seduto sulla porta del tempio di
Gerusalemme? Con quale mezzo S. Gregorio Tauma-
turgo fece ritirare un monte finchè ebbe posto sufficente
per fabbricarvi una chiesa? Con quale mezzo Sant”An-
tonio di Padova, predicando a Rimini, fece venire a
riva una moltitudine di pesci? Con quale mezzo S. Fran-
cesco d°Assisi induceva gli uccelli, i pesci ed altri ani-
mali a lodare Dio come se fossero creature ragionevoli?
Con quale mezzo i Santi compirono tutti i prodigi che
si leggono nella loro vita?

Rispondo: con un mezzo solo e identico per tutti:
la Fede! Gesù Cristo aveva promesso agli Apostoli di
far miracoli in vista della loro fede; e gli Apostoli e i
Santi con la fede hanno operato i loro miracoli.
Che ci vuole di più per convincerci della grande
potenza, dirò meglio, dell°onnipotenza della Fede? Essa
è per noi la sorgente di tutte le grazie, il fondamento,
non solo della nostra giustificazione, ma anche della
nostra influenza presso Dio, il canale misterioso attra-
verso cui ci vengono comunicati i tesori inestimabili
della divina bontà e misericordia.





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