padre nostro ( i nostri debiti) 1 capitolo --2


 LA CONDIZIONE I NOSTRI DEBITI.PADRE NOSTRO
C'è però una condizione posta da Gesu' Cristo a
questa domanda e da cui esclusivamente dipende il suo
effetto.
Egli ci ha insegnato a dire: < Rimetti a noi i no-
stri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori .
Che significa questa frase? E perchè Gesù Cri-
sto la aggiunta?
Il significato è molto concreto.
Se nei nostri rapporti con Dio sono debiti tutti i
peccati che abbiamo fatto, ossia le offese recate alla sua
Maestà infinita; nei nostri rapporti col prossimo sono
debiti le offese o i torti che riceviamo dagli altri e che
ci sono fonte di amarezza e di sofferenza morale.
Ebbene: con queste parole diciamo a Dio che ci
perdoni le offese che abbiamo fatto a Lui, come noi
siamo pronti a perdonare e perdoniamo i torti
che abbiamo ricevuto dai nostri fratelli.
Questa spiegazione è autorizzata da Gesù Cristo
stesso, il quale nel  Vangelo dice: < Se voi
perdonerete agli uomini i loro mancamenti, il vostro
Padre celeste vi perdonerà tutti vostri peccati;
ma se voi non perdonerete agli uomini i loro pec-
cati, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà a voi
i vostri peccati  (Matt. VI, 14), Ed altrove ancora:
Perdonate e vi sarà perdonato... perciò con la stessa
misura, onde voi avrete misurato, sarà a voi pure mi-
surato > (Luc. VI, 38).
Il perdono delle ingiurie: ecco la condizione che
vuole Gesù da noi per usarci misericordia.
 E perchè ha Egli aggiunto una condizione tale?
Per agevolarci l'osservanza di questa grande legge,
mettendo sott'occhio la giustizia e i vantaggi.
 La giustizia. Che cosa più giusta,  che sa-
crificare i nostri risentimenti personali e condonare ge-
nerosamente i torti ricevuti dal nostro prossimo, se vo-
gliamo che Dio dimentichi i torti che riceve da noi?
Quale proporzione c'è fra le offese che ci fanno gli
uomini e le offese replicate, continue, che noi facciamo
a Lui? C'è paragone tra Dio, Essere supremo infinito,
e noi, creature vili ed effimere? La minima delle offese
fatte a Dio pesa incomparabilmente più che tutti i più
grandi oltraggi che ci venissero dal prossimo.
Non è giusto dunque perdonare agli altri, se vo-
gliamo meritarci il perdono da Dio? Come potremo di-
versamente pretendere indulgenza e misericordia?
Ricordate la parabola del servo strozzino, che, dopo
essere stato dal padrone condonato del debito enorme
i diecimila talenti, uscito di là e incontratosi con un
compagno di servizio che gli doveva la piccolezza di
cento danari, gli saltò addosso come un cane arrabbiato
e. presolo per la gola, minacciava di strangolarlo se non
lo pagasse subito, e poi, inflessibile ad ogni preghiera,
lo faceva chiudere in prigione, ma il padrone disse
il divino Maestro saputa la cosa, revocò la grazia
che aveva concesso e lo trattò alla stessa maniera con
cui egli aveva trattato il suo debitore, confinandolo tra
le catene fino a che avesse estinto il suo debito.
E cosi soggiunge Gesu' Cristo,  farà il mio
Padre celeste con voi, se non perdonerete di cuore ai
vostri fratelli  (Matt. XVIII, 24-35).
Quale vantaggio più grande
potremmo aspettarci di quello che ci vengano perdo-
nate da Dio tutte le nostre colpe? che cosa deve impor-
tarci di più? Se potessimo averne la sicurezza matema-
tica, che cosa non faremmo?
Ebbene: questa fortuna Dio l'ha posta nelle nostre
mani e la fa dipendere esclusivamente da noi. Se noi
perdoneremo di cuore al nostro prossimo dice Gesù
potremmo essere sicuri, usando s'intende dei mezzi
stabiliti, di essere da Dio perdonati .
 
 capitolo 2
 Ora, non sarebbe una pazzia rifiutare a patti cosi
vantaggiosi la remissione delle colpe? Per quanto fosse
duro il sacrificio, ci sarebbe mai proporzione col bene
che ci procura?

Certo che per ottenere ciò, bisogna perdonare
di cuore, il che vuole dire totalmente e sinceramente.
Ci sono alcuni che dicono di perdonare, ma con
riserve, con certi limiti, fino ad un certo limite. Io
perdono dicono dimentico tutto ; ma non voglio
più affari con quella persona, mi stia lontana, non a
più a che fare con me.

Ci sono altri che perdonano con la bocca, non col-
l'animo, rifiutando all'avversario anche quei segni di
benevolenza comune che si praticano con tutti...

Costoro sono illusi! II loro è un atto inutile,
non di perdono!

Ma notate che Dio non si inganna. Egli legge nel
fondo del cuore; e se noi non perdoniamo sinceramente
ed interamente, non possiamo sperare che ci si usi mi-
sericordia.

Se non perdoniamno di cuore al no-
stro prossimo, ma conserviamo verso di esso un po
di rancore che non si estingue, recitando questa doman-
da del Pater non facciamno che inprecare del male sopra
noi stessi e proferire la nostra condanna.

E quale senso possono avere in bocca di un ven-
dicativo queste parole:  Rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori ?

Questo solo: < Signore, trattatemi come io tratto
il mio prossimo.. perdonatemi come io perdono a quel-
la persona che mi ha mortificato, a quel vicino che mi
calunnia, a quel parente che mi molesta... io non li
voglio perdonare... fate anche voi lo stesso con me..,
cioè non perdonatemi perchè io non voglio perdonare,
vendicatevi perchè io mi voglio vendicare, odiatemi per-
chè io voglio odiare!... >.
Terribile preghiera che trasforma in sorgente di
maledizione una sorgente di grazie.


PENSIERO
Dunque guardiamoci bene dal coltivare rancori
verso i nostri simili. Se siamo stati offesi, condoniamo
generosamnente, sull'esempio del Divin Maestro Gesù,
che dall'alto della Croce pregava per quelli che l'anno
inchiodato.

Solo allora che avremo imparato a immolare noi
stessi, il nostro amor proprio, i nostri risentimenti sul-
l'altare della carità di Cristo, potremo presentarci con
piena confidenza davanti a Dio e dirgli tutto
con sicurezza di essere esauditi:  Rimetti a noi, o Si-
gnore, i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri
debitori .

Un esempio generoso e, direi quasi,
eroico il perdono lo troviamo nella vita di Santa Fran-
cesca di Chantal.
Prima di essere religiosa, ella era sposa al barone
di Chantal.
Un giorno il barone, durante la caccia. fu ucciso
da un gentiluomo, e morì perdonando al suo uccisore,
anzi dando ordine assoluto di non vendicare giammai
la sua morte.
Quale stupore recò un tale annunzio
al cuore della baronessa, che amava il suo sposo del
più tenero affetto. Aveva allora solo 28 anni, e si trovò
vedova con quattro figli ancora giovanissimi. Ci fu un
momento in cui pareva dovesse morire dal dolore.

Eppure non si l'ascia sopraffare dall'amarezza; ma
trovò nella sua fede tanto coraggio, da perdonare ge-
nerosamente a colui che le aveva spezzata la vita: non
solo, ma da tenere perfino al fonte battesimale un bam-
bino di lui, a fne di riportare il più completo trionfo
sopra se stessa e rendersi più simile a quel Gesù. che
da quel momento in poi divenne la porzione più eletta del suo
cuore .
 

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